“Fame d’aria”: padre e figlio, una storia d’amore

Con “Fame d’aria” – edito da Mondadori – Daniele Mencarelli continua ad accarezzarci. Ci accarezza con le parole, con una scrittura, ora cruda e asciutta ora delicata, che racchiude in sé il dolore e l’amore che può legare un genitore al proprio figlio. Un legame indissolubile che intraprende strade differenti in base a ciò che la vita ci dona, in base a ciò che ci riserva il destino. Ma è proprio questo il destino che meritiamo?

“Ha fame d’aria.

È come se la realtà gli si stringesse addosso.”

La trama

Pietro si trova bloccato con suo figlio diciottenne Jacopo, affetto da una forma di autismo a basso funzionamento non verbale e con un bisogno costante di attenzioni e supporto, in un paesino del Molise, Sant’Anna del Sannio a causa di un guasto alla vecchia auto. E nel tempo che li vede forzatamente fermi in un luogo sconosciuto e con gente estranea, che pian piano entrerà – in un modo o in un altro – nelle loro vite, si compie un miracolo di consapevolezza, di riconciliazione con sé stessi e con il mondo. È vero che a volte ci troviamo impelagati in situazioni ed emozioni in cui non ci riconosciamo, o ancora peggio incastrati in un destino che non avremmo mai immaginato. Ed è ciò che succede a Pietro e a Bianca quando si accorgono che il loro unico figlio è autistico e avrà sempre bisogno di loro o di qualcuno che gli stia vicino. Ma come reagire a tutto questo? Cosa fare? Cosa sperare?

Capire la diversità

Daniele Mencarelli non ha di certo la risposta a queste domande, per il semplice fatto che una vera risposta non c’è, ma ci apre gli occhi alle emozioni, alla vita stessa. Ci apre gli occhi sulla diversità. Diversità fisica, psicologica, di reazione e di pensiero. Una diversità non sempre capita e non sempre ascoltata, soprattutto in un Paese come il nostro, dove un uomo come Pietro è logorato dalla malattia del figlio, abbandonato a sé stesso, che a stento arriva alla fine del mese, perché i disturbi neuropsichiatrici infantili sono esosi per le famiglie meno abbienti, perché è in primis è lo Stato stesso a essere assente e a non prestare il proprio aiuto.

Empatia e solidarietà

Ed ecco un nuovo tipo di solitudine, quella di chi non ce la fa. È importante e necessaria a questo punto l’empatia, la solidarietà, quella che mostrano gli abitanti che Pietro e Jacopo incontrano sulla propria strada e che porterà i nostri due protagonisti verso una nuova luce, una nuova consapevolezza, quella primordiale, innata e senza condizioni: l’amore di un padre verso il proprio figlio. Ed ecco quello che ci impegniamo e proponiamo di fare ogni giorno noi dell’Istituto Cartesio: capire, aiutare e sostenere i nostri ragazzi e le nostre ragazza in ogni loro difficoltà, anche attraverso un piccolo gesto che per molti potrà essere irrilevanti ma che ad altri potrà salvare la vita.

Marianna Zito