Tasso di occupazione record a 3 anni dal conseguimento del titolo di studio per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale: presentata in anteprima Quarta indagine dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche

Presidente Fadda: “I percorsi dell’ IeFP rappresentano probabilmente il luogo di incontro più promettente tra mondo della formazione e mondo del lavoro”

Continua la crescita del numero di occupati tra coloro che hanno conseguito un titolo di studio nei percorsi di IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) e tocca livelli mai raggiunti prima. A tre anni dal conseguimento del titolo, infatti, risulta occupato il 67,7% dei qualificati e il 71,5% dei diplomati.

“Si tratta di un ulteriore passo in avanti rispetto ai già considerevoli valori registrati due anni prima, rispettivamente del 62,2% e 69,2%. Da questo punto di vista, i percorsi dell’IeFP rappresentano probabilmente il luogo di incontro più promettente tra mondo della formazione e mondo del lavoro. Lo dimostrano anche i dati sul livello di coerenza tra lavoro svolto e iter formativo e quelli sul grado di soddisfazione degli stessi occupati”. Apre così i lavori del seminario “Ieri in aula, oggi in azienda: gli esiti occupazionali dei percorsi IeFP e IFTS”, tenutosi a Roma il 18 Aprile, il presidente dell’Inapp, professor Sebastiano Fadda.

I percorsi dell’Istruzione e Formazione Professionale, secondo la Quarta indagine Inapp, già nel 2017 hanno dato occupazione al 67% dei partecipanti fino ad arrivare, nella fase prepandemica, ad una crescita di 5 punti percentuali. Il 71,2% dei diplomati e il 60,3% dei qualificati dichiara, inoltre, di svolgere un lavoro coerente con la formazione acquisita. Ma gli effetti dei percorsi IeFP non si fermano qui. Anche tra i non occupati, si registra, comunque, un effetto “occupabilità”: la quota di inattivi tra quanti hanno conseguito un titolo di studio è davvero residuale, non supera l’1%. In altre parole, se non si è occupati si è comunque attivi. Va segnalato anche il dato di impiego degli stranieri diplomati che va oltre il 77%. Ottime anche le considerazioni che riguardano gli stage perché ritenuti facilitatori d’acquisizione di competenze lavorative specifiche ma anche comportamentali nei luoghi di lavoro.                                      

L’indagine che ha interessato circa 3000 studenti (500 diplomati e 2500 qualificati), ha analizzato anche gli strumenti attraverso i quali i giovani hanno trovato lavoro. Il canale principale è costituito dal contatto con il datore di lavoro su iniziativa personale, che ha riguardato il 46% dei qualificati e 52,2% dei diplomati occupati. Dal punto di vista del tipo di rapporto di lavoro, per i qualificati si divide equamente fra tempo determinato e tempo indeterminato mentre per i diplomati la quota di contratti a tempo indeterminato raggiunge il 64,5%. Anche gli stranieri hanno trovato lavoro attraverso il contatto diretto con l’impresa o con l’istituzione formativa.

Incoraggianti ma ancora lontani dal realizzare le potenzialità di cui potrebbero disporre, i dati sui percorsi di Formazione Tecnica Superiore: restano contingentati in poche regioni italiane (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Piemonte, Veneto, Liguria, Campania , Abruzzo) e non hanno ancora realizzato le potenzialità di cui potrebbero disporre. Si sono consolidati i corsi di meccanica – impianti – costruzioni ma sta aumentando anche la richiesta di formazione turistica; i partecipanti ai corsi hanno fasce di età variegate, anche over 35, che accedono alla formazione tecnica superiore per specializzarsi ma anche per reinventarsi una attività lavorativa. Ad inizio corso, i partecipanti sono perlopiù disoccupati o in cerca di occupazione ma a distanza di un anno dalla fine, il 73,2 % (il 61,1% con contratto a tempo indeterminato) risulta occupato.

“Nell’insieme, i dati che emergono dall’indagine – ha sottolineato Fadda – evidenziano una sostanziale continuità e dinamicità del sistema, pur con importanti differenze territoriali. Tutto sommato, neppure la pandemia ha inciso molto sullo stato occupazionale, almeno per i giovani qualificati, che nel 2020 perdono “solo” 6,2 punti percentuali, con un 5,1% in cassa integrazione, ma che per il resto non subiscono modifiche sostanziali. Sullo sviluppo del sistema degli IeFP, che favorisce un ottimale incontro tra domanda/offerta di competenze professionali, si concentrano le attese delle associazioni imprenditoriali, in particolare quelle di specifici settori produttivi, ma anche le prospettive di lavoro dei giovani, in un quadro in cui la disoccupazione si mantiene su valori allarmanti. Sarà fondamentale, dunque, allineare tempestivamente l’offerta formativa con i fabbisogni espressi dal tessuto imprenditoriale e saper orientare la partecipazione degli utenti verso le figure professionali espresse”.   

Siamo quindi in presenza di un cantiere in progressiva evoluzione ed è ormai acclarato che l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) sia un sistema utile a contrastare la dispersione scolastica e a favorire l’occupazione giovanile. È una formazione che, accanto alle competenze culturali di base, sviluppa competenze tecnico-professionali a contatto diretto con ambienti di lavoro reali e strumentazioni in uso presso le attività produttive. 

E mentre il G7 dei Ministri del Lavoro di Kurashiki (Giappone), che si è svolto il 22 e 23 Aprile, si chiude con la firma di un piano d’azione che impegna Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti a investire sulle competenze delle persone e la loro inclusione nel mercato del lavoro, i percorsi IeFP sono ritenuti strumenti sempre più utili all’intervento della riduzione della mancanza di manodopera, del mismatch tra competenze richieste e offerte e si attesta sistema di formazione professionalizzante solido, maturo e in grado di fornire altissima stabilità lavorativa.

Giusy Pulicari