Negli ultimi anni, l’economia digitale ha radicalmente trasformato il mondo del lavoro attraverso la gig economy, un fenomeno che ha ridefinito il modo in cui le persone accedono e svolgono le proprie attività lavorative. La gig economy, basata su piattaforme digitali che collegano domanda e offerta di servizi, ha introdotto un nuovo paradigma lavorativo, caratterizzato da incarichi flessibili e brevi prestazioni.
Se da un lato la gig economy ha aperto nuove porte per l’occupazione, facilitando l’accesso al mercato del lavoro e offrendo una maggiore flessibilità, dall’altro ha sollevato gravi preoccupazioni in termini di sicurezza e protezione sociale per i lavoratori coinvolti.
Il concetto di “gig economy” deriva dall’uso della parola “gig “ nella new orleans degli anni 20 quando i jazzisti facevano delle piccole esibizioni estemporanee per strada che chiamavano fra di loro lavoretti ( gig ) da qui l’idea di incarichi come “gig”, una sorta di prestazioni lavorative effimere e discontinue. Tuttavia, dietro questa flessibilità si nascondono situazioni precarie: la maggior parte dei lavoratori coinvolta in questa modalità di lavoro svolge attività ripetitive, spesso a basso contenuto professionale, con una retribuzione instabile e senza adeguate tutele lavorative.
Le piattaforme digitali, pur presentandosi come strumenti che favoriscono l’accesso al lavoro, impongono regole e algoritmi che influenzano fortemente le dinamiche lavorative. La reputazione, le valutazioni dei consumatori e le regole interne create dalle piattaforme stesse determinano la possibilità di lavoro e la retribuzione dei prestatori d’opera, lasciando i lavoratori con scarsa sicurezza e trasparenza nel proprio impiego.
La precarietà del lavoro nella gig economy è il risultato di diversi fattori:
- Mancanza di Tutele: I lavoratori delle piattaforme digitali spesso si trovano senza le tutele lavorative tradizionali. L’assenza di garanzie come ferie pagate, copertura assicurativa e protezione contro il licenziamento arbitrario crea una situazione di vulnerabilità economica.
- Instabilità dei Redditi: La natura imprevedibile dei guadagni nella gig economy porta a una mancanza di sicurezza finanziaria. I lavoratori dipendono da incarichi sporadici e dai flussi di lavoro delle piattaforme, rendendo difficile la pianificazione economica a lungo termine.
- Competizione Aggressiva: L’accesso aperto alla gig economy porta a una concorrenza feroce tra i prestatori d’opera, spesso a discapito della retribuzione e delle condizioni di lavoro dignitose.
Per garantire una transizione equa verso questa nuova forma di lavoro, è fondamentale riconsiderare il concetto stesso di welfare. L’attuale modello di protezione sociale è spesso legato alla posizione lavorativa, lasciando molti lavoratori della gig economy senza alcuna rete di sicurezza.
Alain Supiot*, giurista e professore francese, ha proposto la separazione delle prestazioni sociali dalla posizione lavorativa. Questo consentirebbe di garantire ai lavoratori delle piattaforme digitali alcune garanzie fondamentali, indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro.
Inoltre, l’Unione Europea ha recentemente adottato iniziative significative per migliorare le condizioni dei lavoratori della gig economy. Una proposta di direttiva mira a considerare tali lavoratori come dipendenti, ponendo l’onere della prova dello status lavorativo sulle piattaforme stesse. Questo approccio potrebbe portare a una migliore regolamentazione e a tutele più solide per i lavoratori delle piattaforme digitali.
L’Unione Europea ha mosso i primi passi per migliorare le tutele dei lavoratori della gig economy, ma è essenziale che tale sforzo venga ampliato e reso più incisivo. È necessario un approccio collaborativo che coinvolga governi, piattaforme digitali e lavoratori stessi per sviluppare politiche più inclusive e garantire un equilibrio tra innovazione lavorativa e protezione sociale.
La gig economy rappresenta un’opportunità di ridefinire il concetto di lavoro, ma questa trasformazione deve avvenire in modo equo e sostenibile per tutti. Solo attraverso politiche e soluzioni innovative potremo garantire un futuro del lavoro in cui flessibilità e sicurezza sociale coesistono armoniosamente.
*Alain Supiot è professore emerito del Collège de France, dove è stato titolare della cattedra État social et mondialisation: analyse juridique des solidarités (Stato sociale e mondializzazione: analisi giuridica delle solidarietà) dal 2012 al 2019. Membro della Commissione mondiale sul futuro del lavoro istituita nel 2017 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, Alain Supiot è dottore honoris causa delle università di Leuven (2003), Salonicco (2017), Liegi (2019) e Buenos Aires (2019).